Il metodo e l’intensità del decespugliamento, che può precedere la lavorazione del suolo e la messa a dimora delle piantine, dipendono da numerosi fattori. Tra questi si ricordano le condizioni stazionali e il tipo di vegetazione (specie arbustive presenti e la loro consistenza e dimensioni).
Un ostacolo alla scelta della tecnica di decespugliamento più adatta alle specifiche condizioni stazionali può venire dalla episodicità e frammentarietà degli interventi; ossia da condizioni che non giustificano l’acquisto e l’uso di attrezzature, magari più efficienti, ma non ammortizzabili.
L’esperienza maturata in ambiente mediterraneo indica che il successo della piantagione è fortemente condizionato dall’eliminazione della vegetazione concorrente. La copertura vegetale, infatti, può favorire l’immagazzinamento idrico del terreno nei periodi più umidi, ma ne accentua l’aridità nei periodi di deficit idrico.
Inoltre si è potuto osservare che la produttività viene esaltata quando il decespugliamento interessa tutta la superficie dell’impianto. In questo modo, infatti, si riduce drasticamente la competizione e si limitano, nel contempo, i danni da incendio, da attacchi parassitari, ecc. Il decespugliamento localizzato (strisce o buche) sembra essere più opportuno dove il suolo e le piantine richiedono una maggiore protezione (controllo del ruscellamento e dell’erosione, ritenzione degli elementi nutritivi, aumento dell’umidità relativa intorno alle piantine, ecc.).

Rischi

Il decespugliamento comporta anche dei rischi per la conservazione del suolo, quali:

a. Asportazione di orizzonti organici e minerali superficiali;
b. Asportazione di sostanza organica ed elementi nutritivi attraverso l’eliminazione dei residui della vegetazione arbustiva;
c. Costipamento del suolo causato dal passaggio di macchine (in parte recuperato con le altre lavorazioni del terreno);
d. Eventuale perdita di stabilità della pendice provocata dal deperimento o dall’asportazione degli apparati radicali.

A questi va aggiunto il rischio di una riduzione della diversità biologica che può anch’essa produrre effetti di
diverso tipo, sia diretti che indiretti, sulla produttività di lungo periodo.

Scelta della tecnica di decespugliamento

Nel nostro Paese, così come altrove nelle più diverse condizioni ambientali, vengono spesso impiegate le lame apripista. Queste, come hanno dimostrato numerose indagini, possono asportare notevoli quantità di materiali organici e minerali dalla superficie del suolo e, pertanto, nella maggioranza dei casi, sono state sostituite dalle lame decespugliatrici-spietratrici (lame a pettine), ritenute meno dannose.
Le lame decespugliatrici-spietratrici rimuovono più facilmente gli apparati radicali e riducono la formazione di eccessivi ammassi di materiale. L’impiego corretto (es. frequenti innalzamenti ed abbassamenti della lama) unito ad un’opportuna forma e dimensionamento (curvatura e distanziamento dei denti, larghezza di lavoro) favoriscono il rotolamento dei residui vegetali e la rideposizione della frazione minerale ed organica via via asportata dal suolo con le radici.
In varie situazioni pedologiche della macchia mediterranea è stata verificata una riduzione della quantità di materiali organici e minerali asportati dalla superficie del suolo da 1,5 fino a 4 volte rispetto alle lame apripista, con notevoli benefici anche sul piano della conservazione degli elementi nutritivi. L’efficacia di queste lame può venir meno in suoli argillosi ove, soprattutto in condizioni di umidità non favorevoli, parte della frazione minerale rimane, comunque, attaccata agli apparati radicali.

Rimboschimento – San Giovanni in fiore (CS)
frangizollatura

Svantaggi derivanti dalla rimozione di residui vegetali

I sistemi di decespugliamento descritti in precedenza, asportano gli apparati radicali e favoriscono le successive lavorazioni. Essi, però causano anche la rimozione dei residui vegetali e di una parte degli orizzonti organici e minerali della superficie del suolo, il cui effetto sulla fertilità e sulla produttività stazionale è stato oggetto di attente valutazioni e preoccupate conclusioni.
L’entità del fenomeno dipende da quantità e qualità del materiale vegetale rimosso e dal bilancio complessivo della sostanza organica e degli elementi nutritivi presenti nel suolo. Dipende anche, in buona parte, dalla modalità e dalle attenzioni con cui viene effettuata l’operazione, nonché dal grado di disturbo causato a carico degli orizzonti organici. VITOUSEK & MATSON (1985) trovano che l’asportazione di sostanza organica dalla superficie del suolo provoca un repentino aumento dell’azoto nitrico (facilmente dilavabile) e del processo di denitrificazione che potrebbe essere l’effetto della riduzione di attività biologica e, quindi, della mancata immobilizzazione microbica dei nitrati.

Metodi meccanici che implicano il rilascio dei residui vegetali e degli apparati radicali

Una soluzione diversa rispetto ai rischi sopra esposti è costituita dall’impiego di macchine ed attrezzi che frantumano la vegetazione e ne rilasciano i residui sulla superficie del suolo. Le macchine oggi disponibili sul mercato sono numerose, pertanto la scelta deve essere fatta, oltre che su valutazioni operative, anche sugli aspetti economici.

Altri metodi meccanici

Altra metodologia è far coincidere il decespugliamento alla lavorazione del terreno. Vengono, infatti, impiegati scarificatori, a funzionamento continuo o intermittente, che decespugliano lungo strisce o in modo localizzato, intorno al sito dove verrà messa a dimora la piantina. La vegetazione viene, così, frantumata e localmente rimossa o interrata sotto uno strato di suolo minerale e organico.
Queste tecniche, tipiche dei terreni che già ospitavano un soprassuolo boschivo, favoriscono anche il rimescolamento e la decomposizione della sostanza organica accumulatasi sulla superficie del terreno.
Similmente, quando la vegetazione è bassa e poco consistente, il decespugliamento può essere effettuato con erpici o aratri a dischi, preferibilmente dentati (trainati o portati). Alcuni modelli specificamente forestali, sono muniti di dischi molleggiati, ammortizzati o controllati con sistemi meccanici o idraulici indipendenti.

Metodi alternativi

Le tecniche di decespugliamento per triturazione rilasciano nel suolo gli apparati radicali. Questi possono creare difficoltà per le successive lavorazioni e cure colturali e favorire il rapido riscoppio della vegetazione.
Inoltre, i residui della vegetazione e le radici possono indurre fenomeni patologici che inibiscono l’attecchimento delle piantine.
Per questi motivi, è stato suggerito, talora, di attendere la decomposizione dei residui oppure di attuare trattamenti radicali come l’abbruciamento (incendio controllato) degli stessi o l’immissione di devitalizzanti nelle ceppaie.
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